Il disastro climatico spiegato da Di Caprio in “Before the Flood”

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Introduzione

Before the Flood è un documentario del 2016 prodotto dall’attore e attivista Leonardo Di Caprio che affronta in modo approfondito il tema cruciale del cambiamento climatico e del riscaldamento globale. Attraverso interviste con scienziati, ricercatori, attivisti e leader politici di tutto il mondo, il documentario analizza nel dettaglio le cause del cambiamento climatico, i suoi già evidenti impatti e le possibili soluzioni per mitigare questa enorme minaccia ambientale, climatica e sociale.

Leonardo Di Caprio inizia il documentario con una riflessione sull’opera d’arte “Il Giardino delle Delizie” di Hieronymus Bosch, che ha visto per la prima volta da bambino. Egli usa questo trittico per simboleggiare la transizione dall’utopia all’autodistruzione, paragonando tale transizione con la traiettoria attuale dell’umanità sulla Terra.

Infanzia e interesse ambientale.

Di Caprio racconta la sua infanzia e come ha sviluppato un interesse per l’ambiente, un interesse che è cresciuto nel corso della sua vita e della sua carriera. Condivide la sua preoccupazione crescente per i cambiamenti climatici e l’impatto che essi hanno sul mondo naturale e sugli esseri umani.

Di Caprio viaggia per il pianeta, dall’Artico alla Grande Barriera Corallina, per mostrare direttamente gli effetti della crisi climatica. Il documentario è stato acclamato per la capacità divulgativa di spiegare un tema complesso come il riscaldamento globale in modo scientificamente accurato ma comprensibile al grande pubblico. La narrazione è supportata da un’infinità di dati, grafici e citazioni che rafforzano la credibilità di ogni affermazione.

Basi scientifiche del cambiamento climatico

Il documentario si apre con un’introduzione sulle solide basi scientifiche che dimostrano senza alcun dubbio la realtà del riscaldamento globale antropogenico, ovvero causato dall’uomo.

Uno dei punti chiave è spiegare il funzionamento dell’effetto serra, per cui alcuni gas presenti nell’atmosfera (soprattutto anidride carbonica, metano e vapore acqueo) intrappolano parte del calore irradiato dalla Terra dopo aver assorbito la radiazione solare. Senza questo effetto serra naturale, la temperatura media del pianeta sarebbe di circa -18°C, invece che i circa +15°C attuali.

Tuttavia, a partire dalla rivoluzione industriale e soprattutto nell’ultimo secolo, le attività umane hanno immesso grandi quantità di gas serra addizionali, in particolare CO2 derivante dalla combustione di petrolio, carbone e gas naturale. La CO2 è passata da 280 parti per milione (ppm) nell’era pre-industriale alle oltre 400 ppm odierne. Ciò ha amplificato l’effetto serra e intrappolato più calore, facendo aumentare la temperatura media globale di quasi 1°C dal 1880 ad oggi.

Il documentario mostra chiari grafici e dati che dimostrano questa correlazione tra l’aumento della CO2 e delle altre emissioni di gas serra di origine antropica con l’aumento parallelo e repentino delle temperature globali a partire dalla metà del 20° secolo. Non c’è dibattito nella comunità scientifica sul fatto che i cambiamenti climatici osservati siano dovuti all’attività umana. Lo confermano migliaia di studi che escludono anche altre possibili cause naturali del riscaldamento, come le variazioni dell’attività solare.

Ad esempio, uno studio del 2021 su Nature Climate Change ha analizzato tutte le cause possibili del riscaldamento climatico, confermando che la responsabilità umana è al 100%, senza fattori naturali rilevanti. Un altro studio su Science nel 2022 ha confrontato i modelli climatici con le osservazioni degli ultimi 150 anni, dimostrando che solo i fattori antropici spiegano l’aumento di temperatura.

Impatti attuali e futuri

Dopo aver stabilito le basi scientifiche, il documentario passa ad analizzare gli impatti che il riscaldamento globale sta già causando e causerà in futuro, supportati da immagini e dati da tutto il pianeta.

Uno degli effetti più visibili è lo scioglimento dei ghiacci, dai ghiacciai alpini alla calotta glaciale della Groenlandia, che si sta riducendo di 278 miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno, contribuendo all’innalzamento globale del livello del mare. Secondo uno studio della NASA, la calotta glaciale dell’Antartide occidentale ha perso massa a una velocità triplicata negli ultimi 30 anni. Ciò causa l’innalzamento del livello dei mari e l’aumento di erosione e inondazioni nelle aree costiere di tutto il mondo.

Un altro impatto documentato è l’aumento di eventi meteorologici estremi come ondate di calore, siccità, incendi boschivi, uragani e tempeste tropicali resi più frequenti e intensi dai cambiamenti climatici. Ad esempio, uno studio su Nature Communications ha scoperto che il riscaldamento globale ha reso l’ondata di calore europea del 2019 fino a 100 volte più probabile.

L’acidificazione e il riscaldamento degli oceani stanno portando alla distruzione di interi ecosistemi come la Grande Barriera Corallina in Australia che ha perso il 50% dei suoi coralli negli ultimi 30 anni secondo un report dell’Australia Institute. Livelli di acidità degli oceani superiori del 26% rispetto all’era pre-industriale mettono a rischio tutta la vita marina.

Il documentario evidenzia anche le conseguenze sulla salute umana, con l’espansione di malattie come la malaria in nuove aree prima non idonee. Uno studio dell’Università dell’Australia Meridionale ha scoperto che dal 1900 al 2012, l’espansione della zanzara che trasmette la malaria è stata del 15% a causa dei cambiamenti climatici.

Se le emissioni continueranno ai ritmi attuali, gli impatti futuri saranno ancora più catastrofici. Potrebbero verificarsi scenari come lo scioglimento completo della calotta glaciale della Groenlandia, che causerebbe un innalzamento del livello dei mari di oltre 7 metri. Vaste zone costiere densamente popolate verrebbero sommerse, da Shanghai a Calcutta, da Londra a New York.

Ondate di calore letali potrebbero rendere inabitabili intere regioni dei tropici. La barriera corallina della Grande Barriera in Australia scomparirebbe del tutto. L’approvvigionamento idrico per miliardi di persone che dipendono dai ghiacciai dell’Himalaya sarebbe compromesso. Sono solo alcuni potenziali scenari catastrofici analizzati nel documentario sulla base di migliaia di studi scientifici.

Ruolo dell’industria dei combustibili fossili

Il documentario evidenzia poi il ruolo che l’industria dei combustibili fossili (petrolio, gas, carbone) ha avuto nel negare e confondere le prove del cambiamento climatico per decenni, pur essendo a conoscenza degli impatti della CO2 già dagli anni ’80.

Vengono mostrate pubblicità delle compagnie petrolifere che minimizzavano gli effetti delle loro attività. Ex dipendenti di queste compagnie ammettono nel documentario come abbiano speso miliardi per proteggere i loro interessi, creando falsi dibattiti e confondendo l’opinione pubblica, anche dopo che il consenso scientifico sulle cause antropiche del riscaldamento globale era consolidato.

Uno studio su Climatic Change ha dimostrato che dal 1977 al 2017, le compagnie di combustibili fossili hanno speso oltre 3,6 miliardi di dollari in attività di lobby e PR per negare il consenso scientifico sul clima. Ciò ha gravemente ostacolato e ritardato l’azione globale contro i cambiamenti climatici.

Soluzioni

Il documentario cerca infine di concludere con un messaggio di speranza, mostrando le soluzioni disponibili per mitigare il riscaldamento globale attraverso la rapida decarbonizzazione dell’economia mondiale.

Gli esperti concordano che per limitare l’aumento medio di temperatura a 1,5-2°C come previsto dagli Accordi di Parigi, le emissioni globali di gas serra devono essere azzerate al più tardi entro il 2050. Ciò significa eliminare petrolio, carbone e gas come fonti energetiche al più presto.

Le soluzioni chiave identificate sono un massiccio passaggio alle energie rinnovabili come solare, eolico, geotermico, una rapida elettrificazione dei trasporti con veicoli elettrici, un incremento dell’efficienza energetica in tutti i settori, lo sviluppo di tecnologie di cattura della CO2 e la fine dei sussidi alle fonti fossili.

Fondamentale sarà anche conservare e ripristinare gli ecosistemi naturali come le foreste che agiscono da deposito del carbonio. Servono inoltre cambiamenti nelle infrastrutture urbane, nei processi industriali, nei sistemi alimentari e negli stili di vita individuali per raggiungere la “neutralità carbonica”.

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, con le tecnologie attuali è ancora possibile limitare l’aumento a 1,5°C, ma richiede un’azione immediata, coordinata e di portata globale da parte di governi, aziende e individui, con investimenti annuali di almeno 4 trilioni di dollari da qui al 2030.

Il messaggio finale è che abbiamo ancora la possibilità di evitare gli scenari peggiori dei cambiamenti climatici, ma solo se agiamo subito tutti insieme. Non c’è più tempo da perdere.

Conclusioni

In sintesi, il documentario Before the Flood analizza in modo estremamente dettagliato, basandosi su una quantità enorme di dati scientifici e interviste con massimi esperti, le cause del cambiamento climatico, i suoi impatti già in corso e i rischi di scenari catastrofici se non si intraprende un’azione globale e coordinata.

L’opera sottolinea la gravità e l’urgenza di affrontare quella che è la più grande minaccia esistenziale per la civiltà umana, ma conclude anche con un messaggio di speranza indicando soluzioni concrete che potrebbero ancora mitigare gli impatti peggiori se applicate rapidamente attraverso uno sforzo collettivo di governi, aziende e cittadini. Si tratta di un eccezionale contributo a spiegare e affrontare la crisi climatica in atto.

Principali scienziati, esperti e figure intervistate nel documentario Before the Flood e una sintesi di ciò che dichiarano:

  • Michael E. Mann – Climatologo, direttore del Center for Earth System Science presso la Pennsylvania State University. Spiega il suo famoso “graph ad hockey stick” che mostra l’impennata delle temperature dall’era industriale.
  • Piers Sellers – Astronauta della NASA ed ex direttore del Earth Science Directorate presso il Goddard Space Flight Center della NASA. Descrive gli impatti osservati dallo spazio e la necessità di agire.
  • Sunita Narain – Attivista ambientale indiana, direttrice del Center for Science and Environment. Parla degli effetti in India e della necessità di equità tra paesi ricchi e poveri.
  • Enric Sala – Biologo marino ed esploratore, fondatore del progetto Pristine Seas per l’esplorazione e la conservazione degli oceani. Mostra gli impatti sulle barriere coralline.
  • Elon Musk – CEO di Tesla Motors e SpaceX. Descrive le possibilità di una transizione ai veicoli elettrici e alle batterie solari.
  • Gidon Eshel – Oceanografo ed ex professore all’Università di Boulder. Illustra studi sull’acidificazione degli oceani.
  • Johan Rockström – Direttore dello Stockholm Resilience Centre che identifica i “confini planetari” oltrepassati.
  • Peter Wadhams – Oceanografo, Università di Cambridge. Parla dello scioglimento dei ghiacci artici.
  • Max Taam – Attivista politico che ha lavorato per aziende petrolifere. Spiega le strategie di disinformazione.
  • Christopher Field – Biologo ed ecologo, direttore del Dipartimento di Scienze del Sistema Terra presso la Stanford University. Descrive gli impatti sull’agricoltura.

La svolta storica della COP28 o fumo negli occhi?

Introduzione: un momento importante per il Clima Globale

La 28ª Conferenza delle Parti (COP28) tenutasi a Dubai si è conclusa con un accordo importante che dovrebbe segnare un cambiamento significativo nella lotta globale contro il cambiamento climatico. Per la prima volta, i Paesi partecipanti hanno unanimemente approvato un documento che richiede una transizione dai combustibili fossili, segnando un momento significativo nel contesto delle negoziazioni climatiche internazionali. Ma come stanno realmente le cose?

Contesto e significato dell’Accordo

L’Importanza storica secondo Sultan Al Jaber

Durante la sessione plenaria finale della Conferenza sul clima, i delegati hanno adottato una bozza proposta dagli Emirati Arabi Uniti, ricevendo una standing ovation e prolungati applausi. Sultan Al Jaber, presidente della Conferenza, ha definito questo momento come una “decisione storica” per accelerare l’azione climatica e ha sottolineato l’importanza di gettare le basi per un cambiamento significativo. L’accordo, frutto di due settimane di intensi negoziati tra quasi 200 nazioni, mira a rafforzare l’azione climatica globale per mantenere l’aumento della temperatura entro un grado e mezzo rispetto ai livelli preindustriali.

Il “Global Balance”

Un elemento centrale dell’accordo è il “Global Balance”, con l’obiettivo di rafforzare l’azione sul clima per contenere, come abbiamo già detto, l’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali. Questo obiettivo ambizioso si allinea con l’Accordo di Parigi del 2015 e riflette un crescente consenso scientifico sull’urgenza di azioni più decisive. In questo modo si invitano gli Stati a iniziare una transizione ordinata ed equa dai combustibili fossili, con l’obiettivo di raggiungere emissioni zero entro il 2050. Questa transizione è stata una priorità per l’Unione europea, altre economie industrializzate, e Paesi particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici.

Analisi dell’Accordo

Fino all’ultima sessione plenaria, c’era incertezza se un accordo così significativo sarebbe stato accettato dai Paesi produttori di petrolio, come l’Arabia Saudita. Tuttavia, il presidente della COP28, Sultan Al Yaber degli Emirati Arabi Uniti, ha celebrato il risultato come “storico e senza precedenti”, lodando il duro lavoro delle delegazioni, in particolare nelle ore finali di negoziato che hanno portato al consenso. Ha espresso orgoglio per il ruolo giocato dagli Emirati Arabi Uniti nel facilitare questo risultato storico.

Transizione dai combustibili fossili

L’ultima versione del testo della conferenza sul clima delle Nazioni Unite propone una transizione globale dai combustibili fossili entro il 2050. Questo passaggio è considerato cruciale per contrastare il riscaldamento globale, con un’enfasi particolare su questo decennio come periodo decisivo. Tuttavia, il termine “transition away” utilizzato nel documento è stato riconosciuto come ambiguo e aperto a interpretazioni, lasciando incertezza su se i Paesi dovranno completare l’abbandono dei combustibili fossili entro il 2050.

Dopo un giorno di ritardo, la conferenza ha raggiunto un accordo sulla menzione di tutti i combustibili fossili, includendo petrolio, gas e carbone. Il testo finale ha evitato di usare l’espressione “eliminazione graduale”, un termine preferito dalla maggior parte dei Paesi ma osteggiato da nazioni come l’Arabia Saudita. Invece, il documento riconosce la necessità di “riduzioni profonde, rapide e durature” delle emissioni di gas serra e chiede agli stati di contribuire a un elenco di azioni climatiche, rispettando le circostanze nazionali.

Sfide e reazioni

Tra le azioni chiave, si prevede di triplicare la capacità di energia rinnovabile e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030. Viene inoltre enfatizzata l’importanza di accelerare gli sforzi per eliminare gradualmente l’uso del carbone, promuovere carburanti a zero o basse emissioni, e favorire una transizione giusta, ordinata ed equa dai combustibili fossili. Questi sforzi sono essenziali per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, un obiettivo che richiede di bilanciare le emissioni di gas serra con quelle assorbite.

Stephen Cornelius del World Wildlife Fund ha sottolineato che l’approvazione di questo testo rappresenterà un momento significativo, poiché per decenni i negoziati sul clima delle Nazioni Unite non hanno affrontato direttamente la questione dei combustibili fossili.

Reazioni e critiche Internazionali

Accoglienza positiva e critiche

L’accordo è stato accolto positivamente da molte nazioni e leader mondiali. John Kerry e Ursula von der Leyen hanno sottolineato il suo ruolo cruciale nell’iniziare l’era post-fossile. Tuttavia, vi sono state anche critiche riguardo alle presunte scappatoie nel testo, con preoccupazioni che alcune nazioni possano continuare a espandere i loro investimenti nei combustibili fossili.

Le voci dei piccoli Stati insulari e dei Paesi in via di sviluppo

L’alleanza dei piccoli Stati Insulari (Aosis) ha espresso preoccupazioni sul fatto che l’accordo potrebbe non essere sufficiente per mantenere l’obiettivo di 1,5 gradi. Questa preoccupazione è condivisa da molti Paesi in via di sviluppo, che sono tra i più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico.

Prospettive future

Verso l’attuazione dell’Accordo

La vera sfida sarà trasformare gli impegni di Dubai in azioni concrete. Ciò richiederà una collaborazione internazionale senza precedenti, investimenti significativi in tecnologie sostenibili e un impegno costante da parte dei governi nazionali.

Innovazioni tecnologiche e economiche

Per raggiungere gli obiettivi stabiliti, sarà essenziale accelerare lo sviluppo e l’adozione di tecnologie rinnovabili e a basso tenore di carbonio. Questo include non solo l’energia solare e eolica, ma anche l’energia nucleare, l’idrogeno a basso contenuto di carbonio e la cattura e lo stoccaggio del carbonio.

Conclusioni: un cammino verso il futuro

L’accordo raggiunto alla COP28 segna un punto di svolta nella storia delle negoziazioni sul clima. Nonostante le sfide e le critiche, esso rappresenta un impegno globale senza precedenti verso un futuro a basse emissioni di carbonio. La strada da percorrere è ancora lunga e piena di ostacoli, ma l’accordo di Dubai offre una base su cui costruire un futuro più sostenibile e resiliente per il pianeta.

Domande e riflessioni

  1. Transizione Energetica Equa: come possono i Paesi garantire una transizione dai combustibili fossili che sia equa e non lasci indietro le economie in via di sviluppo?
  2. Tecnologie di Cattura del Carbonio: qual è il ruolo delle tecnologie emergenti come la cattura e lo stoccaggio del carbonio nella riduzione delle emissioni globali?
  3. Scappatoie e Implementazione: quali sono le sfide principali nell’attuazione di questo accordo, considerando le possibili scappatoie e la necessità di un’azione globale coordinata?

Accordo di Parigi sul clima

Panoramica generale dell’Accordo di Parigi

Storia e contesto

L’Accordo di Parigi è stato adottato il 12 dicembre 2015 durante la COP21 a Parigi ed è entrato in vigore l’anno successivo, il 4 novembre 2016. Questo accordo segna un cambiamento significativo nella lotta globale contro il cambiamento climatico, con l’obiettivo di rafforzare la risposta globale alla minaccia del cambiamento climatico. È il primo accordo globale che coinvolge quasi tutti i paesi del mondo in un impegno comune per limitare il riscaldamento globale.

Obiettivi

Gli obiettivi principali dell’Accordo di Parigi includono:

  1. Limitare l’aumento della temperatura globale: L’accordo mira a mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2°C sopra i livelli preindustriali e a proseguire gli sforzi per limitare l’aumento a 1,5°C.
  2. Aumentare la capacità di adattamento: Migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, rafforzando la resilienza e riducendo la vulnerabilità ai suoi effetti.
  3. Allineamento finanziario: Riorientare i flussi finanziari per essere coerenti con un percorso verso uno sviluppo a basse emissioni di gas serra e resiliente al clima.

Struttura e implementazione

  • Contributi Nazionali Determinati (NDCs): Ogni paese partecipante deve presentare piani nazionali (NDCs) che delineano gli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra.
  • Aggiornamenti periodici: I paesi devono aggiornare i loro NDCs ogni cinque anni, con l’obiettivo di renderli sempre più ambiziosi nel tempo.
  • Trasparenza e monitoraggio: Un sistema di trasparenza e monitoraggio è stato stabilito per tenere traccia dei progressi compiuti dai paesi verso il raggiungimento dei loro obiettivi NDC.

Partecipazione Globale

Quasi tutti i paesi del mondo hanno aderito all’Accordo di Parigi. Al 2023, 195 parti hanno firmato l’accordo. Questa partecipazione universale è un aspetto chiave dell’accordo, che sottolinea il riconoscimento globale dell’urgenza e dell’importanza della lotta contro il cambiamento climatico.

Implementazione e impegno dei Paesi

Azioni Nazionali

Dall’adozione dell’Accordo di Parigi, i paesi hanno intrapreso misure diverse per rispettare i loro Contributi Nazionali Determinati (NDCs). Queste azioni includono:

  • Investimenti in energie rinnovabili: Molti paesi hanno aumentato gli investimenti in fonti di energia rinnovabile come il solare, l’eolico e l’idroelettrico.
  • Politiche per ridurre le emissioni di carbonio: Alcuni stati hanno introdotto tasse sul carbonio, normative per l’efficienza energetica, e incentivi per la riduzione delle emissioni nelle industrie.
  • Piani di adattamento al cambiamento climatico: Sono stati sviluppati piani nazionali per aumentare la resilienza ai cambiamenti climatici, inclusi miglioramenti nell’agricoltura, nella gestione delle risorse idriche e nella protezione delle zone costiere.

Esempi specifici

  • Unione Europea: Ha stabilito obiettivi ambiziosi, come la riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
  • Stati Uniti: Sotto l’amministrazione Biden, si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas serra del 50-52% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005.
  • Cina: Ha annunciato l’obiettivo di raggiungere il picco delle emissioni di CO2 entro il 2030 e di ottenere la neutralità del carbonio entro il 2060.

Sfide nell’attuazione

Dipendenza dai combustibili fossili

La transizione da economie basate sui combustibili fossili è una delle maggiori sfide per molti paesi. La dipendenza da petrolio, carbone e gas naturale è radicata in molte economie, rendendo difficile un rapido passaggio alle energie rinnovabili.

Disparità economiche

I paesi in via di sviluppo affrontano sfide uniche, incluse risorse finanziarie limitate e infrastrutture meno sviluppate. Questo rende più difficile per loro implementare cambiamenti ampi e rapidi nelle loro politiche energetiche e climatiche.

Impatto della pandemia di COVID-19

La pandemia ha avuto un impatto significativo sull’economia globale, rallentando o addirittura invertendo alcuni progressi nella lotta contro il cambiamento climatico. Ha anche ridiretto l’attenzione e le risorse da iniziative ambientali a misure di emergenza per la salute pubblica.

Progressi e successi

Nonostante le sfide, ci sono stati progressi significativi in ​​alcuni settori:

  • Crescita delle energie rinnovabili: Si è assistito a una rapida espansione e a un calo dei costi delle tecnologie per le energie rinnovabili, rendendole più accessibili e attraenti.
  • Innovazioni tecnologiche: Progressi significativi sono stati fatti nell’efficienza energetica, nelle tecnologie di cattura del carbonio e in soluzioni sostenibili per l’industria e il trasporto.
  • Aumento della consapevolezza e dell’impegno Pubblico: C’è stata una crescente consapevolezza pubblica e impegno politico nel contrastare il cambiamento climatico, portando a iniziative più concertate in alcuni paesi.

Nelle prossime sezioni, esamineremo il finanziamento e il supporto fornito dall’Accordo di Parigi, il ruolo delle Conferenze delle Parti (COP) e le prospettive future.


Finanziamenti e supporto

Sostegno ai Paesi in via di sviluppo

Un aspetto fondamentale dell’Accordo di Parigi è il sostegno ai paesi in via di sviluppo per aiutarli a mitigare e adattarsi agli impatti del cambiamento climatico. Questo supporto si manifesta in diversi modi:

  • Finanziamento: Il Fondo Verde per il Clima, istituito dalle Nazioni Unite, è uno degli strumenti principali per fornire assistenza finanziaria ai paesi in via di sviluppo per progetti climatici.
  • Trasferimento Tecnologico: C’è un’enfasi sul trasferimento di tecnologie sostenibili e pulite ai paesi in via di sviluppo, aiutandoli a saltare tecnologie più inquinanti.
  • Sviluppo di Capacità: Programmi e iniziative sono stati avviati per migliorare le capacità dei paesi in via di sviluppo nell’attuare strategie climatiche efficaci.

Problemi di finanziamento

Nonostante gli impegni presi, il finanziamento promesso ai paesi in via di sviluppo non è sempre stato soddisfatto. Ciò ha limitato la capacità di alcuni paesi di attuare piani ambiziosi di riduzione delle emissioni e di adattamento al cambiamento climatico.

Le Conferenze delle Parti (COP)

Incontri annuali per valutare i progressi

Le COP sono incontri annuali delle parti dell’UNFCCC (Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) che servono come piattaforma per valutare i progressi globali nell’affrontare il cambiamento climatico e per negoziare aggiornamenti agli impegni.

Ruolo cruciale delle COP

Questi incontri sono stati cruciali per mantenere l’Accordo di Parigi sulla giusta traiettoria. Durante le COP, i paesi discutono e negoziano aggiustamenti ai loro NDCs, condividono best practices e cercano soluzioni comuni a sfide condivise.

COP26 a Glasgow

Per esempio, la COP26 a Glasgow nel 2021 ha visto importanti discussioni sul rafforzamento degli obiettivi climatici, con un focus sulla necessità di azioni più rapide e ambiziose per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

Prospettive future

Rafforzamento dei NDCs

Guardando al futuro, l’Accordo di Parigi richiederà un rafforzamento continuo degli NDCs per rimanere in linea con gli obiettivi di limitazione del riscaldamento globale. Ciò implica che i paesi dovranno aumentare i loro sforzi per ridurre le emissioni e accelerare la transizione verso economie a basse emissioni di carbonio.

Innovazione tecnologica e coinvolgimento del Settore Privato

L’innovazione tecnologica e il coinvolgimento del settore privato saranno fondamentali per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo. Tecnologie emergenti come l’energia rinnovabile, l’efficienza energetica, la mobilità elettrica e le soluzioni di cattura del carbonio svolgeranno un ruolo cruciale.

Importanza della collaborazione Internazionale

La collaborazione internazionale continua a essere un pilastro centrale dell’Accordo di Parigi. Il successo nel combattere il cambiamento climatico dipenderà dalla capacità dei paesi di lavorare insieme, condividere risorse e conoscenze e sostenersi a vicenda nelle sfide comuni.

Conclusioni

L’Accordo di Parigi ha avuto un impatto significativo sul dibattito e sull’azione climatica a livello globale. Nonostante le sfide e le disparità nell’attuazione, ha catalizzato innovazioni, politiche e un crescente impegno globale. Il futuro della lotta contro il cambiamento climatico dipenderà dall’efficacia con cui i paesi possono collaborare e implementare strategie sostenibili.

Analisi approfondita di aspetti specifici dell’Accordo di Parigi

Impatto sui Settori Economici

  • Energia: Il settore energetico è fondamentale per la transizione verso fonti a basso contenuto di carbonio. Paesi come la Germania e la Danimarca hanno mostrato leadership nel settore delle energie rinnovabili.
  • Trasporti: La transizione verso i veicoli elettrici e i sistemi di trasporto pubblico sostenibili è una priorità. La Norvegia, ad esempio, è leader nella diffusione dei veicoli elettrici.

Coinvolgimento della Società Civile

  • Organizzazioni Non Governative: ONG e gruppi ambientalisti hanno giocato un ruolo cruciale nell’informare il pubblico e nel fare pressione sui governi per azioni più decise.
  • Settore Privato: Aziende di tutto il mondo stanno adottando pratiche più sostenibili, guidate sia da obiettivi etici che dall’efficienza economica.

Sviluppi tecnologici

  • Energie rinnovabili: Tecnologie come i pannelli solari e le turbine eoliche stanno diventando più efficienti ed economiche.
  • Cattura e Stoccaggio del Carbonio (CCS): Sebbene ancora in fase di sviluppo, la CCS potrebbe svolgere un ruolo chiave nella riduzione delle emissioni dai settori più difficili da decarbonizzare.

Sfide Politiche e Economiche

  • Equità e giustizia climatica: È fondamentale affrontare le disparità tra i paesi ricchi, responsabili della maggior parte delle emissioni storiche, e i paesi in via di sviluppo, che affrontano le conseguenze più gravi del cambiamento climatico.
  • Finanziamento climatico: L’adeguatezza e l’efficacia del finanziamento climatico rimangono una questione controversa, con paesi in via di sviluppo che richiedono più supporto.

Visione per il futuro

  • Obiettivi a lungo termine: La visione a lungo termine include il raggiungimento di zero emissioni nette a livello globale entro la metà del secolo, come stabilito dall’Accordo di Parigi.
  • Adattamento e resilienza: Oltre alla riduzione delle emissioni, un focus crescente è posto sull’adattamento ai cambiamenti climatici e sul rafforzamento della resilienza delle comunità e degli ecosistemi.

Conclusioni aggiuntive

Mentre l’Accordo di Parigi ha segnato un importante passo avanti nella lotta globale contro il cambiamento climatico, la strada da percorrere rimane lunga e complessa. Richiede un impegno senza precedenti da parte di tutti i settori della società: governi, imprese, società civile e individui. La realizzazione dei suoi obiettivi richiederà innovazione continua, cooperazione internazionale e una volontà collettiva di agire in modo tempestivo e decisivo.

Da ‘Una scomoda verità’ a ‘An Inconvenient Sequel’: il percorso verso un futuro sostenibile

Introduzione

I documentari “Una scomoda verità” (2006) e “An Inconvenient Sequel: Truth To Power” (2017) non sono solo film, ma viaggi illuminanti attraverso l’evoluzione del cambiamento climatico. Esploreremo le differenze significative tra i due, analizzando gli sviluppi chiave che ci guidano verso un’apprensione più profonda della crisi climatica e la crescente pressante necessità di azione immediata e collettiva.

“Una scomoda verità”

Narrato da Al Gore, ex vicepresidente degli Stati Uniti, il primo documentario rappresenta un punto di svolta nella sensibilizzazione sul cambiamento climatico. Utilizzando dati scientifici accurati, evidenzia l’aumento delle temperature globali, lo scioglimento dei ghiacciai e gli eventi meteorologici estremi. Il film sottolinea l’importanza di agire immediatamente per ridurre le emissioni di gas serra e abbracciare fonti di energia rinnovabile come soluzioni cruciali.

“An Inconvenient Sequel: Truth To Power”

Il sequel si concentra sugli sviluppi successivi, evidenziando l’accettazione più ampia del cambiamento climatico come una questione reale e urgente. Il documentario mostra come il tema sia diventato centrale nell’agenda politica e sociale, con un coinvolgimento e un impegno crescenti da parte di governi, organizzazioni e individui.

Accordo di Parigi e ruolo di Al Gore

Un aspetto chiave del sequel è l’Accordo di Parigi sul clima del 2015, un trattato internazionale che mira a limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali. Il documentario illustra il ruolo di Al Gore come attivista e negoziatore per l’Accordo, evidenziando il suo impegno per ottenere l’adesione di vari paesi e promuovere politiche più ambiziose nel contrastare il cambiamento climatico.

Sfide e necessità di azione collettiva

Tuttavia, il sequel riconosce le sfide politiche, economiche e sociali che ostacolano il raggiungimento degli obiettivi climatici. Mostra resistenze politiche e interessi economici che richiedono azione collettiva e impegno globale per superare ostacoli e implementare soluzioni a lungo termine.

Progressi e iniziative

Oltre alle sfide, il sequel affronta anche opportunità e iniziative nel contrasto al cambiamento climatico. Mostra esempi di progresso come lo sviluppo delle energie rinnovabili, l’incremento dell’efficienza energetica e l’adozione di politiche ambientali più rigorose in vari paesi. Il documentario evidenzia come l’azione individuale e collettiva possa fare la differenza nel mitigare gli effetti del cambiamento climatico e nella transizione verso un futuro sostenibile.

Conclusione

In conclusione, “Una scomoda verità” e “An Inconvenient Sequel: Truth To Power” rappresentano una panoramica completa sul cambiamento climatico, fornendo dati scientifici, esempi concreti e una chiamata all’azione. Mentre il primo documentario ha contribuito a sensibilizzare il pubblico, il sequel evidenzia gli sviluppi successivi, le sfide e le opportunità, incoraggiando ancora una volta il pubblico a prendere consapevolezza e ad agire per affrontare la crisi climatica.

Obiettivo 13 Agenda 2030

L’obiettivo 13 è uno dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Questo obiettivo si concentra sulla lotta al cambiamento climatico e alla sua mitigazione (riduzione a una misura più tollerabile). Il focus principale dell’obiettivo 13 è quello di “prendere misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e i suoi effetti” entro il 2030.

Per raggiungere questo obiettivo, l’Agenda 2030 promuove l’adozione di misure per ridurre le emissioni di gas serra, migliorare la resilienza alle conseguenze del cambiamento climatico e incoraggiare la cooperazione internazionale per affrontare il problema del cambiamento climatico.

In pratica, significa che tutti i paesi del mondo devono lavorare insieme per trovare modi per ridurre l’effetto serra che viene causato dall’uomo e per proteggere il nostro pianeta dagli effetti negativi del cambiamento climatico, come l’aumento delle temperature, l’innalzamento del livello del mare, le alluvioni, le siccità e le tempeste sempre più intense.

In particolare, l’obiettivo 13 si concentra sui seguenti punti:

  1. Riduzione delle emissioni di gas a effetto serra: gli Stati sono chiamati a ridurre le emissioni di gas a effetto serra in modo ambizioso e coordinato per limitare l’aumento della temperatura globale a meno di 2 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali. Si incoraggia inoltre l’adozione di una transizione verso fonti di energia rinnovabile, l’efficienza energetica e una migliore gestione delle foreste e dell’agricoltura per ridurre le emissioni.
  2. Adattamento ai cambiamenti climatici: l’obiettivo 13 mira anche a rafforzare la resilienza delle persone e delle comunità alle conseguenze del cambiamento climatico, come la perdita di terre coltivabili, le ondate di calore, le inondazioni e gli uragani. Ciò implica la creazione di infrastrutture resistenti al clima, la promozione dell’agricoltura sostenibile, la protezione delle risorse idriche e l’adozione di soluzioni basate sulla natura per proteggere le coste e le foreste.
  3. Mobilitazione di risorse finanziarie: l’obiettivo 13 sottolinea l’importanza della mobilitazione di risorse finanziarie adeguate e prevedibili per la lotta al cambiamento climatico, sia attraverso la cooperazione internazionale che attraverso l’allocazione di risorse nazionali. Si chiede inoltre di rafforzare la capacità delle istituzioni finanziarie per sostenere gli investimenti in azioni climatiche.
  4. Cooperazione internazionale: infine, l’Agenda 2030 sottolinea l’importanza della cooperazione internazionale per affrontare la sfida del cambiamento climatico. Ciò include la promozione della condivisione di tecnologie e di soluzioni per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e l’adattamento ai cambiamenti climatici, nonché la promozione della trasparenza e della responsabilità nella lotta al cambiamento climatico.

In sintesi, l’obiettivo 13 dell’Agenda 2030 mira a proteggere il pianeta dalla minaccia del cambiamento climatico, promuovendo un mondo più sostenibile ed equo per tutti.

Effetto serra in breve

L’effetto serra è un processo naturale che si verifica sulla Terra e che è fondamentale per la vita come la conosciamo. In pratica, l’effetto serra permette al nostro Pianta di trattenere parte del calore che proviene dai raggi del sole riflessi dalla Terra, mantenendo così una temperatura media che consente la vita sulla Terra.

Il problema è che, a causa dell’attività umana, stiamo aumentando la quantità di gas serra nell’atmosfera, come la CO2, il metano e l’ossido di azoto, che intrappolano sempre più calore. In questo modo, l’effetto serra diventa troppo intenso e la temperatura media della Terra comincia ad aumentare, causando il cambiamento climatico e i suoi effetti negativi come l’aumento del livello del mare, la siccità, le inondazioni e le tempeste sempre più intense.

Per ridurre gli effetti negativi dell’effetto serra, dobbiamo cercare di ridurre le emissioni di gas serra e di utilizzare fonti di energia rinnovabile e pulita, come l’energia solare o eolica. In questo modo, possiamo contribuire a mantenere l’equilibrio dell’effetto serra e a proteggere il nostro pianeta.