I carboni fossili.

Il carbone è una particolare roccia sedimentaria di colore bruno o nero, formata da due gruppi di sostanze:

  • materiale organico, cioè carbonio con piccole parti di idrogeno e ossigeno,  che con la combustione fornisce calore (energia termica) e anidride  carbonica;

materiale inorganico cioè argille, sali di zolfo, che con la loro combustione  danno origine alle ceneri e alle sostanze inquinanti.

Come si è formato? Questo combustibile deriva dalla carbonizzazione di intere foreste (carbogenesi), iniziata molti milioni di anni fa ed ha richiesto tre fasi principali:

  • crescita di grandi e fitte foreste in presenza di un clima umido;
  • sprofondamento lento del terreno e copertura degli alberi da parte delle acque e dei fanghi portati dai fiumi; successivamente si trasformano in  roccia che comprime la massa vegetale;
  • carbonizzazione dovuta ai batteri che in milioni di anni hanno divorato  l’idrogeno e l’ossigeno del legno ed alla fine resta il carbonio con piccole  quantità di altri elementi.
Schema carbogenesi.

Ricapitolando. I carboni fossili sono di origine vegetale e derivano da grandi distese di foreste che, centinaia di milioni di anni fa, sono sprofondate e sono state ricoperte dalle acque e, poi, sepolte sotto una spessa coltre di argilla ed altri materiali. La lenta e graduale decomposizione di queste enormi quantità di legname, avvenuta in assenza di aria, in presenza di batteri anaerobi e sotto l’azione di grandi pressioni ed alte temperature, ha generato un processo di trasformazione chiamato carbonizzazione. I tessuti vegetali, che sono costituiti prevalentemente di cellulosa (costituita da idrogeno e ossigeno), durante il processo di carbonizzazione hanno perso gradualmente l’idrogeno e l’ossigeno. Al termine della trasformazione è rimasto solo il carbonio.

I grandi sconvolgimenti geologici che causarono l’inizio di questi grandi fenomeni di trasformazione avvennero in diverse Ere, quindi i carboni fossili che estraiamo hanno età diverse e sono di vario tipo a seconda della durata del processo di trasformazione subito.

Tra tutti i combustibili fossili, il carbone è quello sfruttato da tempo. Già molto prima dell’invenzione della macchina a vapore, la Gran Bretagna ne usava abbondantemente. Nonostante che i suoi giacimenti siano sfruttati da secoli, si stima che le riserve naturali del nostro pianeta possano soddisfare le richieste ancora per duecento anni. Suo è il merito di aver consentito la Rivoluzione Industriale, fornendo l’energia termica necessaria al motore a vapore. Durante quel periodo (tra l’inizio e la fine del XIX secolo), il consumo mondiale del carbone passò da 20 milioni a 700 milioni di tonnellate annue. Il carbone ha però nella sua natura solida un elemento fortemente negativo: innanzitutto non è adatto ai motori a combustione interna, bisognosi di combustibili fluidi d miscelare con l’aria nella camera di scoppio; secondariamente, presenta maggiori difficoltà di trasporto rispetto al petrolio.

Quest’ultimo, infatti, può essere trasportato su grandi distanze semplicemente per mezzo di un tubo (oleodotto), mentre il carbone va materialmente caricato e scaricato su treni, navi, ecc. A queste difficoltà si aggiunge il notevole potere inquinante dei fumi prodotti da questo combustibile. Tutto ciò ha portato in questi ultimi decenni a preferirgli il petrolio, sicuramente più pratico ed efficiente. Attualmente il consumo di carboni è nuovamente in ascesa, sia per l’eccessivo costo del petrolio greggio sia perché le nuove tecnologie garantiscono maggiore sicurezza durante la fase di movimentazione del carbone, cioè di approvvigionamento e trasporto, durante la fase del suo stoccaggio, cioè di deposito e di immagazzinamento, ed infine, permettono la combustione senza troppi residui nocivi e lo smaltimento delle scorie prodotte nella combustione.

La qualità del carbone dipende dal grado di carbonizzazione che ha subito la massa vegetale, cioè dalla sua età. I carboni più antichi sono molto ricchi di carbonio e quindi hanno un maggiore potere calorifico I vari tipi di carbone si distinguono in base al periodo geologico in cui è iniziato il loro processo di carbonizzazione. Dalla vegetazione marcescente si formò per prima la torba, successivamente l’innalzamento del livello del mare ne causò lo sprofondamento sotto masse enormi di sedimenti marini. Man mano che questi cicli si ripetevano, le torbe di più antica formazione sprofondavano e, sempre più compresse, indurivano, procedendo nel loro processo di carbonizzazione. I carboni più antichi risalgono all’Era Mesozoica, circa 350 milioni di anni fa, i più recenti all’Era Quaternaria, meno di 10 milioni di anni fa.

  • Torba: non è un vero carbon fossile, infatti contiene una percentuale di  carbonio pari a circa il 60%, perché deriva da piante erbacee lacustri che  hanno subito una trasformazione limitata. Ha un aspetto spugnoso o  addirittura filamentoso, fibroso ed un colore nerastro. Si trova in  giacimenti superficiali (pochi metri di profondità) e in terreni acquitrinosi  detti torbiere (giacimenti importanti si trovano in Islanda, Olanda,  Germania, ex Unione Sovietica e Finlandia) dove viene estratta con una  draga (macchina da scavo). Contiene molta acqua (fino al 70-90%) e viene pertanto essiccata e compressa in mattonelle. Ha un alto contenuto di ceneri e non è un buon combustibile, viene pertanto impiegata soprattutto in agricoltura come concime e come correttivo dei terreni per arricchirlo di humus, come isolante termo-acustico e, grazie al suo elevato potere assorbente e deodorante, come lettiera per il bestiame.
  • Lignite: ve ne sono molte varietà, con proprietà diverse. Conserva  ancora tracce della struttura fibrosa del legno originario. E’ un carbone  abbastanza giovane detto anche brown coal (carbone marrone) e, a  differenza della torba che proviene dalla carbonizzazione di erbe palustri,  deriva da masse di alberi d’alto fusto di più remota formazione e che  hanno subito trasformazioni più profonde rispetto alla torba. Secondo i giacimenti ed il gradi di carbonizzazione vengono distinti diversi tipi di lignite: lignite torbosa (friabile e stratificata); lignite picea (nera, lucida); lignite xiloide (che porta ancora visibile la struttura del legno). La lignite appena estratta contiene il 40% di umidità, che dopo l’essiccamento, si riduce al 15-20%. Può essere utilizzata direttamente o in forma di mattonelle ottenute per semplice compressione. Questo carbone, che contiene una percentuale di carbonio pari a circa il 75%, non è un buon combustibile e poiché non conviene affrontare le spese di trasporto, viene utilizzato sul posto per alimentare centrali termoelettriche o come materia prima per alcune industrie chimiche. Giacimenti importanti si trovano in ex Unione Sovietica, Germania, Inghilterra e Romania. In Italia se ne trovano piccole quantità in Toscana, Umbria, Sardegna e Calabria.
  • Litantrace: è il carbon fossile che trova maggiore utilizzazione  nell’industria. E’ di colore scuro opaco o poco lucente, di  formazione più antica della lignite e più recente dell’antracite. La sua  formazione risale al periodo carbonifero, cioè a circa 300 milioni di anni fa.  Contiene una percentuale di carbonio pari a circa il 93% e una percentuale  di zolfo molto bassa e talvolta nulla. Per la sua composizione, che permette gli usi più svariati, e per la vastità dei giacimenti, è il più importante dei carboni fossili. Dal litantrace riscaldato ad elevate temperature (1000°C) in assenza di aria, si ricava il coke metallurgico. Quest’ultimo viene utilizzato negli altiforni per la produzione di acciaio.
  • Antracite: è il più antico dei carboni fossili e rappresenta il prodotto di un  avanzatissimo stadio di carbonizzazione dei vegetali. Ha un aspetto  metallico, nero, lucente e compatto e brucia lentamente non lasciando alcun residuo durante la combustione.  Contiene una altissima percentuale di carbonio (circa il 95%) e  conseguentemente bassi tenori di ceneri e di sostanze volatili. Per il suo  notevole potere calorifico è uno tra i migliori combustibili . Ideale per il riscaldamento, non trova grandi applicazioni industriali perché si preferisce il meno costoso litantrace. Si trova in terreni geologicamente molto antichi (Era primaria) ed è abbondante in varie località della Francia, della Svizzera, della ex Unione Sovietica e negli USA. In Italia piccoli giacimenti si trovano in Val d’Aosta, in Piemonte (provincia di Cuneo) e nelle Alpi Liguri, in Sardegna.

A partire dal XVI secolo, in particolare in Inghilterra, per risolvere il problema dell’approvvigionamento energetico degli impianti siderurgici, si comincia a sostituire il carbone di legna con quello fossile. Le prime miniere di carbone erano pozzi verticali, profondi circa 10 metri. Il carbone veniva tagliato e portato in superficie all’interno di cesti. Man mano che i pozzi diventavano più profondi e si scavavano gallerie laterali sempre più lunghe, aumentava la possibilità di frane, allagamenti, esplosioni causate dalla presenza di gas metano. Oggi i giacimenti di carbone sono ampiamente diffusi in tutto il mondo e Cina, ex URSS e USA sono i maggiori produttori a livello mondiale. Il ciclo del carbone comprende la coltivazione mineraria, il trasporto e la distribuzione, la combustione diretta o la conversione in prodotti vari, liquidi e gassosi. I giacimenti si trovano più comunemente in profondità, ma possono anche affiorare al livello del suolo. Il loro sfruttamento si può effettuare in due diversi modi:

  • coltivazione a cielo aperto dove l’estrazione viene effettuata in aree in cui il giacimento di carbone è molto vasto, si trova vicino alla superficie ed il carbone è facilmente rimovibile. La crosta rocciosa viene sbancata e con attrezzature speciali si rompe il carbone separandone grandi quantità in maniera rapida ed economica. Questo sistema è dannoso dal punto di vista ambientale in quanto si crea un grosso scavo nel terreno e si solleva molta polvere nera che viene sparsa dai venti per decine di chilometri. Esaurita la miniera, la società mineraria deve provvedere a sistemare lo scavo, ristabilendo le condizioni iniziali.
  • Coltivazione sotterranea: in questo caso vengono utilizzati diversi tipi di accesso alle vie sotterranee, i pozzi verticali (che permettono l’accesso alle gallerie e che sono attrezzati con impianti di sollevamento) e gallerie inclinate o gallerie orizzontali (a diverse profondità e quindi disposte a livelli diversi, seguendo i filoni carboniferi) in quanto la profondità delle miniere può superare i 1.000 metri. In questo caso, l’unico cambiamento nel paesaggio sono le montagne di rocce sterili che si formano in prossimità dei pozzi, invece sono alti i rischi per i minatori e per ridurre tali rischi si adottano numerose norme di sicurezza: le gallerie potrebbero franare e quindi vanno puntellate con centinature metalliche; l’acqua delle falde potrebbe allagare le gallerie e quindi viene sollevata in superficie con pompe; l’aria può circolare per tiraggio naturale, ma se le gallerie sono molto profonde si devono usare sistemi di aria forzata; il gas metano o grisou è spesso presente in sacche e potrebbe invadere le gallerie quando si abbatte una parete; per evitare le esplosioni si usano macchine ad aria compressa che non producono scintille. La salute del minatore è comunque esposta ad alti pericoli: le polveri respirate possono provocare la silicosi; il rumore delle perforatrici causa disturbi all’udito; l’aria sottoterra è calda e presenta molta umidità.

Combustibili fossili

I combustibili fossili derivano da una lenta e graduale decomposizione di sostanza organica. Si possono trovare sotto forma di petrolio (liquido), carbone (solido), gas naturale (gassoso) e altri combustibili composti da idrocarburi (composti che contengono carbonio -C- e idrogeno -H-).

Petrolio e gas naturali si presume che siano derivati da un lento processo di trasformazione di grandi quantità di plancton (fitoplancton e zooplancton) che si sono depositate sul fondo di oceani e laghi milioni di anni fa. Nel corso di decine di migliaia di secoli, questa materia organica si è mescolata con il fango ed è stata “sepolta” sotto pesanti strati di sedimenti. Il calore e la pressione provenienti dal centro della Terra hanno causato alterazioni nella loro composizione chimica formando composti di carbonio.

Nel caso dei carboni fossili, invece, la fonte originaria è individuabile in piante morte ricoperte dal sedimento durante il periodo Carbonifero (circa tra i 300 e i 350 milioni di anni fa). Con il passare dei secoli, questi depositi si sono solidificati, dando vita a distese di carbone. In alcuni casi possono anche in gas.

In sintesi

Possiamo dire che la decomposizione è avvenuta in mancanza di aria, sotto l’azione di alte temperature e pressioni e in presenza di speciali batteri. Come sappiamo, i tessuti vegetali sono costituiti in massima parte di cellulosa (risultato di un processo antico di fotosintesi), sostanza formata di carbonio, idrogeno e ossigeno. Durante la decomposizione questi tessuti hanno perso quasi tutto l’ossigeno e l’idrogeno e si sono trasformati in sostanze ricchissime di carbonio.

Utilizzi moderni

Per comprendere cosa sono i combustibili fossili e come mai siano diventati un tema molto attuale, bisogna certamente fare riferimento ai loro impieghi nell’era moderna.

Il carbone è stato utilizzato sin dall’antichità come combustibile, soprattutto nelle fornaci per fondere i minerali metallici.

L’olio non trattato e non raffinato è stato per esempio bruciato per secoli nelle lampade per favorire l’illuminazione.

Gli idrocarburi semi-solidi (come il catrame) sono stati utilizzati per l’impermeabilizzazione (in gran parte sul fondo di imbarcazioni e sulle banchine) e per l’imbalsamazione.

L’impiego su larga scala dei combustibili fossili ha avuto inizio durante la Prima Rivoluzione Industriale, tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, in cui carbone (prima) ed il petrolio (dopo) hanno cominciato ad essere sfruttati come carburanti per alimentare i motori a vapore. Nel corso della Seconda Rivoluzione Industriale (a cavallo tra Ottocento e Novecento), invece, i combustibili fossili venivano usati per fornire energia ai generatori elettrici.

L’invenzione del motore a combustione interna (per esempio, quello delle automobili) ha aumentato le richieste di petrolio in modo esponenziale, così come lo sviluppo degli aeromobili. Di conseguenza, si assiste prontamente all’emergere dell’industria petrolchimica, con il petrolio utilizzato per produrre componenti che spaziano dalla plastica alla materia prima. Nel secolo scorso i derivati del petrolio hanno permesso di inventare uno dei materiali che oggi l’uomo utilizza quotidianamente ovvero le plastiche. Inoltre, il catrame (un residuo dall’estrazione del petrolio) è diventato ampiamente utilizzato nella costruzione di strade e autostrade.

Effetti ambientali

La connessione tra i combustibili fossili e l’inquinamento atmosferico presente nelle nazioni industrializzate e nelle grandi città è stata evidente sin dalla Rivoluzione Industriale. Tra gli inquinanti generati dalla combustione di carbone e petrolio si possono includere anidride carbonica, monossido di carbonio, ossidi di azoto, biossido di zolfo, composti organici volatili e metalli pesanti, tutti associati a maggiori rischi di contrarre malattie, soprattutto respiratorie.
Lo sfruttamento dei combustibili fossili da parte degli esseri umani è anche la più grande fonte di emissioni di biossido di carbonio, o CO2, (circa il 90%) in tutto il mondo. La CO2 è uno dei principali gas che causano l’effetto serra e, quindi, contribuisce al surriscaldamento globale.

C’è bisogno di alternative

Capire cosa sono i combustibili fossili implica anche essere consapevoli della loro pericolosità per il nostro ecosistema. Diventa quindi di fondamentale importanza attrezzarsi e individuare delle fonti energetiche alternative e pulite, che possano essere salutari e sicure per la salvaguardia della Terra. Sfruttare le potenzialità di altri elementi naturali come l’acqua, l’aria e il sole per produrre energia è sicuramente una delle strade al momento più percorribili. Grazie al progresso scientifico si sono potute sviluppare tecnologie in grado di trarre vantaggi dalle cosiddette fonti energetiche rinnovabili

Definizioni
PLancton

Organismi di varie dimensioni presenti nell’acqua che si fanno trasportare dalla corrente. Si differenzia il fitoplancton se sono organismi di natura vegetale e zooplancton se di natura animale

Fitoplancton

Sono organismi presenti nel plancton che hanno la capacità di effettuare la fotosinstesi.

SEDIMENTO

Rappresenta un accumulo di sostanze che prima erano in sospensione (generalmente nei liquidi) e successivamente si vanno a depositare (sedimentazione) formando una massa di quelle sostanze.